L’isola del dissenso

a cura della dott.ssa Alessia Facineroso

 

I Fasci siciliani

 

Per tutto l’800, le grandi città e i piccoli municipi della Sicilia erano stati luoghi di intensa mobilitazione politica: soprattutto i paesi rurali erano diventati teatro drammatico dei conflitti di classe esplosi attorno alla questione demaniale, cosicché le èlites locali si erano accreditate come tali soprattutto attraverso la dura competizione per il diritto agli usi civici prima e alla proprietà della terra poi.

 

A rendere ancora più “caldi” i circuiti della lotta politica e del conflitto sociale erano intervenuti poi, durante il primo ventennio di vita dello Stato unitario, 2 fattori fondamentali:

 

  • le riforme elettorali della Sinistra: con l’allargamento del suffragio del 1882, gli elettori in Sicilia aumentarono da quasi 50.000 a più di 160.000, e dopo l’ulteriore estensione del 1888 essi raggiunsero le 250.000 unità circa.

 

  • Questo determinò il maggior peso politico dei ceti medi, che proprio a partire dall’età crispina si lanciarono nelle contese elettorali, dimostrandosi in grado di organizzare clientele elettorali e partiti in competizione per il potere locale.

 

Da questo punto di vista, le elezioni amministrative del 1889 rappresentarono ovunque un vero e proprio “terremoto” politico: dalle città più grandi ai centri minori le liste “democratiche” di opposizione alle oligarchie municipali registrarono un notevole successo e in molti casi conquistarono le amministrazioni comunali, con un programma di:

 

■ riduzione della pressione fiscale sui consumi di prima necessità;

■ espansione dell’edilizia scolastica;

■ moralizzazione della vita pubblica.

 

A questo parziale “sblocco” del sistema politico locale, lo Stato liberale rispose però con metodi autoritari e repressivi: nel 1890-92 i governi Crispi e Di Rudinì, attraverso l’intervento dei prefetti e lo scioglimento dei consigli comunali, riuscirono a “normalizzare” parzialmente la situazione, ripristinando le vecchie consorterie;

 

  • gli effetti devastanti della crisi agraria europea: il crollo dei prezzi del grano in seguito alla concorrenza di quello americano, gli effetti della tariffa protezionistica del 1887, l’eccessivo carico demografico e la debolezza di organizzazione sindacale della classe contadina meridionale causarono un netto peggioramento della condizione di vita dei lavoratori della terra. A quel punto, il conflitto sociale esplose in tutta la sua violenza.

 

L’origine dei Fasci va dunque rintracciata in questo corto circuito tra mercato politico e mercato economico: l’allargamento del primo e l’oscillazione del secondo innescarono una mobilitazione sociale senza precedenti.

 

Queste dinamiche si esplicano in modo così violento in Sicilia in ragione di un terzo elemento fondamentale:

 

  • il ramificato tessuto associativo dei paesi siciliani, con la presenza di numerosissime società di mutuo soccorso in cui maturarono per prime posizioni di avanzato “operaismo” che nel XVIII Congresso delle società operaie affratellate del 1892 assunsero un programma dai forti contenuti collettivistici.

 

 

Il caso Catania

 

A Catania, la pattuglia repubblicano-socialista di De Felice Giuffrida sin dal 1885 aveva combattuto in consiglio comunale la finanza di classe della giunta liberal-moderata, che aveva preferito impegnare ingenti somme in opere pubbliche di lusso invece di affrontare il degrado igienico-sanitario della città, priva ancora di acquedotto e fognatura, con quartieri periferici isolati e in degrado, dove il colera mieteva migliaia di vittime.

 

Il gruppo di De Felice si prepara dunque all’appuntamento delle elezioni amministrative post-1888, che allargavano il suffragio e per la prima volta rendeva elettivo il sindaco, assimilando l’esperienza del socialismo romagnolo di Andrea Costa, che aveva portato dalla sua parte numerosissime leghe e cooperative attraverso una martellante propaganda.

 

L’occasione per tenere alta la mobilitazione politica a Catania fu data dalla celebrazione del I centenario della Rivoluzione Francese, e De Felice non esitò a paragonare la tensione rivoluzionaria del 1789 a quella del 1889.

 

Dietro il linguaggio giacobino e la pesantissima invettiva contro lo steso Crispi, si andava delineando una strategia che puntava all’alleanza con i ceti medi e alla formazione di un moderno partito di massa, in cui convergessero le società operaie, le leghe e le cooperative, il circolo repubblicano, quello anticlericale e la Giovine Italia.

 

L’esperimento riuscì: il 16 novembre 1889 gli elettori catanesi decretarono il successo della lista antigovernativa.

 

La risposta del governo fu pronta e pesante: Crispi scioglie d’autorità il consiglio comunale e fa arrestare lo stesso De Felice (1891); nonostante ciò, durante la festa del 1 maggio a Catania una grande manifestazione sanciva la nascita ufficiale del Fascio, seguito nel giro di qualche mese da quelli di moltissime altre città siciliane.

 

Quali sono gli elementi di novità dei Fasci:

 

  • l’applicazione del diritto di associazione a livello politico e sindacale;
  • la rivendicazione del diritto di riunione;
  • una nuova cerimonialità laica;
  • la conquista del diritto di sciopero.

 

Il gruppo dirigente dei Fasci non riuscì tuttavia a contenere negli alvei della legalità il movimento, che in molti paesi degenerò in veri e propri tumulti di massa, scatenando la repressione militare da parte del governo e sfociando in veri e propri eccidi.

 

Davanti al tribunale militare, i leader dei Fasci si difesero con dignità e fermezza, negando di avere incitato le masse alla guerra civile o di aver cospirato contro lo Stato,  denunciando piuttosto le condizioni di sfruttamento cui erano sottoposte le classi lavoratrici. Giudicati colpevoli e condannati a lunghe detenzioni, essi avrebbero riacquistato la libertà solo nel 1896, in seguito all’amnistia concessa dal governo Di Rudinì.