Giovanni Gentile

 

(Castelvetrano 29 Maggio 1875-Firenze 15 Aprile 1944)

 

Giovanni Gentile nasce a Castelvetrano, ma trascorre l’infanzia a Campobello di Mazara dove il padre ha una farmacia. A Castelvetrano frequenta il ginnasio e a Trapani il liceo classico. Nel 1893 si trasferisce a Pisa perché ha vinto una borsa di studio nella prestigiosa Scuola Normale Superiore.

 

Dopo la laurea insegna nel liceo ‘Mario Pagano’ di Campobasso dove conosce Ermina Nudi che sposa nel 1901.
Nel 1902 ottiene la libera docenza in filosofia teoretica presso l’Università di Napoli, ma l’ambiente accademico, dominato dai positivisti, è ostile a questo giovane filosofo che si scontra con docenti e studiosi dell’epoca. A difenderlo c’è solo Benedetto Croce; La loro amicizia è un sodalizio e su ‘La Critica’ lavorano insieme al rinnovamento della cultura italiana.

 

I primi dissensi fra i due amici nascono nel 1913: si tratta di questioni filosofiche. Nel 1914 Gentile si trasferisce a Pisa, come docente di filosofia teoretica e subito dopo il conflitto mondiale è a Roma dove insegna storia della filosofia alla ‘Sapienza’.

 

Nella Grande Guerra, Gentile si schiera a favore dell’intervento, poiché vede, nel conflitto, il compimento del Risorgimento e la possibilità che nel Paese si acceleri il processo di costruzione dell’identità nazionale. È in quest’ottica che Gentile, dal 1919, intensifica il suo impegno per la riforma scolastica e che, nel 1922, aderisce al fascismo.

Nell’ottobre del 1922 Mussolini, nominandolo Ministro dell’Istruzione, gli offre l’occasione per realizzare la riforma della scuola cui lavora dall’inizio del secolo. Gentile è convinto di poter dare al nuovo regime un’ideologia compiuta; assieme a lui aderiscono al fascismo molti giovani intellettuali, persuasi che il fascismo possa segnare una svolta nella storia d’Italia e che al filosofo debba essere riconosciuto il ruolo di ideologo del fascismo.

Si dimetterà dal Ministero dell’Istruzione nel 1924. Pochi mesi dopo è a capo della ‘Commissione dei Quindici’, istituita dal partito fascista per elaborare un progetto di riforma dello Statuto Albertino.

 

Nel 1925 è presidente dell’Istituto Nazionale Fascista di Cultura e autore del Manifesto degli intellettuali fascisti. Le sue scelte politiche lo allontanano definitivamente da Croce che scrive il Manifesto degli intellettuali antifascisti e diventa, negli anni, il simbolo di una cultura che non si è piegata al fascismo.

Gentile risulta essere l’intellettuale italiano che ricopre il maggior numero di incarichi istituzionali. Il regime gli riconosce un grande potere: controlla alcune delle principali case editrici, scrive su autorevoli riviste, è dal 1925 direttore dell’Enciclopedia Italiana.

 

Nel 1928 diventa regio commissario della Scuola Normale di Pisa,  è nominato Presidente del Comitato Nazionale per la Storia del Risorgimento, è Presidente dell’Istituto Italiano per il Medio e l’Estremo Oriente, è regio commissario dell’Istituto Storico Italiano per l’età moderna e contemporanea.

 

Aderisce alla Repubblica Sociale Italiana e diviene Presidente dell’Accademia dei Lincei in una Firenze occupata dai nazisti.

 

Pagherà con la morte la propria scelta: Il 15 aprile del 1944, mentre rientra a casa senza scorta, un gruppo di partigiani, guidati da Bruno Fanciullacci, lo uccide davanti al cancello dopo avergli chiesto se è proprio lui Giovanni Gentile.