Salvatore Marchese

 

(Misterbianco, 1811 – Misterbianco, 1880)

 

In gioventù ebbe come istitutore lo zio Salvatore, noto economista e professore nell’Università di Catania. Nel 1829 si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dove conseguì la laurea quattro anni più tardi. Nel 1836 gli fu affidato l’insegnamento di Economia Civile e Agraria in sostituzione dello zio gravemente malato. All’attività di docente Marchese affiancò la partecipazione al dibattito scientifico che animava gli ambienti degli economisti siciliani, collaborando con le «Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia» e dialogando con intellettuali del calibro di Emerico Amari, Pasquale Stanislao Mancini e Antonio Scialoja. Negli stessi anni iniziò a manifestare vibrante passione civile e interesse per la politica.

 

Nel 1845 diede alle stampe il discorso Della primaria istruzione del popolo considerata qual precipuo mezzo di migliorare le condizioni dell’industria siciliana¸ letto alla Società economica della provincia di Catania il 30 maggio 1844. Nel 1846 fu nominato consigliere dell’Intendenza provinciale etnea e due anni più tardi aderì ai moti rivoluzionari nella sua città, attirandosi contro gli odi del regime borbonico che infatti nel 1852 lo destituì dalla cattedra con il pretesto della sua adesione agli insegnamenti romagnosiani. Negli anni seguenti si dedicò con particolare intensità alla professione forense: ne rimane testimonianza nelle numerose memorie legali date alle stampe tra cui Sulla abolizione delle decime pretese dalla mensa vescovile di Catania sopra i prodotti de’ territorii di diversi Comuni (Catania 1854).

 

La caduta del Regno delle Due Sicilie corrispose per Marchese al ritorno all’insegnamento e a una fase di intenso coinvolgimento nella vita politica e civile. Reintegrato alla Cattedra con decreto di Garibaldi nel luglio 1860, fu nominato Giudice della Gran Corte Civile di Catania e Consigliere della Luogotenenza e successivamente venne eletto deputato nel primo Parlamento del Regno d’Italia dove sedette nei banchi della Destra, anche se per poco tempo a causa delle sue precarie condizioni di salute. Nel giugno del 1861 fu nominato tra i delegati dell’Università di Catania inviati a Torino per presentare al Re una serie di richieste volte a riqualificare l’Ateneo, anche se le sue aspirazioni rimasero frustrate dalla decisione del governo di declassare l’accademia etnea.