La moderna industrializzazione della Sicilia iniziò subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Nella prospettiva di conquistare i mercati internazionali fu deciso di allocare industrie per la raffinazione del petrolio ed industrie di base chimiche e petrolchimiche, privilegiando le zone costiere. L’obiettivo era quello di creare grandi poli di sviluppo, capaci di creare un indotto di piccole e medie industrie per il decollo economico dell’intera zona. Così i territori di Augusta-Priolo-Melilli e di Gela, splendide coste ricche di coltivazioni, vennero scelti come luoghi per l’impianto di stabilimenti.
L’inizio dell’industrializzazione si può far risalire al 1948, quando Angelo Moratti costruì una raffineria ad Augusta, la RA.SI.O.M. (Raffineria Siciliana Oli Minerali) successivamente ceduta alla Esso. La scelta di Augusta fu determinata dalla posizione strategica della città, “poggiata” sulla rotta Suez-Gibilterra dove si concentrava il maggior traffico del greggio proveniente dal Medio Oriente e dalla Russia, e dove si registrava facilità di approvvigionamento idrico, disponibilità di manodopera a basso costo, e la presenza di un porto naturale. Valore aggiunto era dato inoltre dalla possibilità di utilizzare i serbatoi interrati ed il pontile della Marina Militare, impiegati durante la seconda guerra mondiale. Moratti acquistò gli impianti di una raffineria americana dismessa nel Texas che, imbarcati nel 1949 ad Houston, vennero scaricati nel porto di Siracusa e da qui trasferiti e rimontati. A metà del 1950 la raffineria cominciò a produrre, sfruttando le numerose agevolazioni e gli incentivi economici della Cassa per il Mezzogiorno. L’impianto della RAsiom provocò presto un effetto a catena, che portò all’insediamento di altre industrie come la Liquichimica, la Cogema, l’Eternit, la Sicilfusti, l’Edison, la S.IN.CAT. (Società Industriale Catanese), la Celene e la Montecatini. Nel 1953 venne costruita la centrale termoelettrica Enel Tifeo, alimentata con olio combustibile fornito dalla Rasiom, mentre agli inizi degli anni ’70 fu costruita la I.C.A.M. (Impresa Congiunta Anic Montedison).
A Gela, sotto la spinta della scoperta nel 1956 di un giacimento di petrolio, lo Stato decise di costruire invece un polo petrolchimico, risposta “pubblica” agli investimenti privati di Augusta. La posa della prima pietra avvenne il 19 giugno del 1960. La struttura produttiva del Petrolchimico, dotato di centrale termoelettrica propria, riguardava la raffinazione del petrolio, la chimica organica e petrolchimica e quella inorganica con produzione di acido solforico, ammoniaca, cloro, soda, solfato di ammonio, urea e concimi complessi. A partire dal 1975 entrò in funzione anche un impianto di dissalazione di acqua di mare, di proprietà della Regione siciliana e gestito dall’Eni.
Naturalmente, sia a Gela che ad Augusta gli stabilimenti hanno cambiato la fisionomia della territorio, ma anche la struttura produttiva e lo stesso stile di vita della popolazione, in un complesso rapporto tra fattori positivi (occupazione, aumento del reddito) e negativi (impatto ambientale spesso “nefasto”, problemi di salute degli abitanti, legati al forte inquinamento). Nel 1979, ad esempio, nella rada di Augusta si verificarono ripetute morie di pesci. Nel 1980 nell’ospedale Muscatello si registrò un aumento del numero dei nati con malformazioni congenite. Venne addirittura istituita una speciale Commissione d’inchiesta, che decise di mettere sotto controllo i nati con malformazioni, facendo entrare la provincia di Siracusa in un programma di monitoraggio I.P.I.M.C. (Indagine Policentrica Italiana Malformazioni Congenite) con sede presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
Presso questo Centro sono affluiti i dati fino al 1989. Dal 1990 ad oggi, dopo la costituzione del Registro Siciliano delle Malformazioni Congenite (ASMAC), i dati affluiscono presso quest’ultimo, che a sua volta deve trasmetterli al Ministero della Sanità.
I dati del Centro nascite di Augusta dimostrano un aumento progressivo del numero di nati con difetti congeniti: dall’1,5% del 1980 al 3% dei primi anni ’90, al 3,5% del 96-97-98 fino ad un picco del 5,6% dell’anno 2000. I dati regionali dal 1990 al 1998 per la Sicilia Occidentale sono 2,12%, per la Sicilia Orientale 2,16% e per la Provincia di Siracusa 3,12%.