Giovanni Falcone

 

(Palermo 18 Maggio 1939-Capaci 23 Maggio 1992)

 

Come Paolo Borsellino e Tommaso Buscetta, anche Giovanni Falcone nacque nel quartiere della Kalsa di Palermo, anche se, con la famiglia, fu costretto ad abbandonarlo durante i bombardamenti del 1940, per poi ritornarvi dopo l’armistizio del ’43.

 

Conobbe Borsellino all’oratorio e lo ritrovò compagno sia al liceo che nella facoltà di Giurisprudenza, dove Giovanni si laureò, con il massimo dei voti, nel 1961 (dopo aver tentato la carriera militare all’accademia navale, alla quale rinunciò perché mortificato dalle pesanti condizioni della vita militare).

 

Pochi anni dopo vinse il concorso in magistratura e diventò pretore a Lentini. Sposò Rita Bonnici, ma divorzieranno 14 anni dopo. Nel ’78 fu trasferito a Palermo nella sezione fallimentare del Tribunale ma ben presto passò all’Ufficio Istruzione della sezione penale, insieme a Borsellino, sotto la guida di Rocco Chinnici.

 

Alle prese con i primi casi, Falcone comprese che per indagare con successo sulle  associazioni mafiose era necessario basarsi anche su indagini patrimoniali e bancarie. Notò che gli stupefacenti venivano venduti negli Stati Uniti così chiese a tutti i direttori delle banche di Palermo e provincia di mandargli le distinte di cambio valuta estera dal 1975 in poi. Grazie a un attento controllo di tutte le carte richieste, una volta superate le reticenze delle banche, riuscì a cominciare a vedere i confini di Cosa nostra, rivelando i collegamenti fra mafia americana e siciliana. Venne deciso di affidargli una scorta.

 

Si recò a New York e strinse una proficua collaborazione con gli agenti del luogo, oltre che con la DEA e con l’FBI, riuscendo a sgominare il traffico di eroina nelle pizzerie. Intanto, in Sicilia, la prepotente ascesa del clan dei Corleonesi comporta l’assassinio di Pio La Torre e del generale Carlo Alberto della Chiesa. Un anno dopo viene ucciso anche Chinnici e a sostituirlo sarà Caponnetto che costituirà ufficialmente un “pool” di quattro magistrati che coordinasse le indagini sul fenomeno mafioso, condividendo le informazioni tra tutti i componenti.

 

Ma una vera e propria svolta epocale alla lotta alla mafia si ebbe con l’arresto di Tommaso Buscetta, il quale decise di collaborare con la Giustizia. Il suo interrogatorio si rivelerà determinante per la conoscenza non solo di determinati fatti, ma specialmente della struttura e delle chiavi di lettura dell’organizzazione definita Cosa nostra.

 

Si potè, così, iniziare il primo maxiprocesso alla mafia (che si concluderà un anno dopo con ben 360 condanne), la quale, però, reagì con l’uccisione dei funzionari di polizia Montana e Cassarà, stretti collaboratori di Falcone. Lo Stato, temendo anche per l’incolumità dei magistrati, per qualche tempo fece soggiornare Falcone e Borsellino, insieme alle famiglie, nel carcere di sicurezza all’Asinara.

 

Intanto, però, Caponnetto si dimette per motivi di salute e il suo posto viene preso da  Antonino Meli che smantella tutto il lavoro compiuto dal pool fino a quel momento, rendendo i magistrati, e in particolar modo Falcone, un facile bersaglio della mafia, tant’è che nel Giugno 1989, egli è oggetto di un attentato nella sua villa al mare all’Addaura con 58 candelotti di esplosivo piazzati in mezzo agli scogli vicinissimi all’abitazione, che fortunatamente vennero resi inoffensivi dagli agenti Agostino e Piazza che furono assassinati.

 

Le indagini condotte in merito a questo attentato, portarono alla individualizzazione di un “corvo” all’interno del Tribunale, nella persona del giudice Alberto Di Pisa, anche se le prove per la sua imputazione furono rese inutilizzabili.

 

Nel gennaio ’90, Falcone coordina un’altra importante inchiesta che porta all’arresto di trafficanti di droga colombiani e siciliani. Ma a maggio esplode una violentissima polemica quando Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, in una intervista televisiva, si  scaglia contro Falcone, che, a suo dire, avrebbe “tenuto chiusi nei cassetti” una serie di documenti riguardanti i delitti eccellenti della mafia. Questo portò alla rottura del fronte antimafia e all’isolamento di Falcone che viene designato al ruolo di Superprocuratore, ma la sua nomina tarda ad essere ufficializzata.

 

Il 23 Maggio 1992, tornato da Roma e atterrato a Punta Rais, Falcone sale, insieme alla moglie e alla sua scorta, sull’auto che dovrà portarlo a casa; malgrado il suo arrivo avrebbe dovuto essere coperto dal più assoluto riserbo, una telefonata avverte i sicari che, nei pressi dello svincolo di Capaci, fanno esplodere una carica di cinque quintali di tritolo; sbalzato violentemente contro il parabrezza, Falcone muore dopo il ricovero in ospedale, a causa di gravi lesioni ed emorregie interne.

 

Il giorno precedente era stata ufficializzata la sua nomina a Superprocuratore.