Ferdinando II di Borbone

 

(Palermo 12 Gennaio 1810-Caserta 22 Maggio 1859)

 

Figlio di Francesco, duca di Calabria, e Maria Isabella dei Borboni di Spagna, nacque a Palermo dove i Borboni, costretti da Napoleone, si erano rifugiati considerando la permanenza nell’isola come un esilio e della quale fecero la base per la riconquista delle province continentali, in contrasto con la classe dirigente siciliana.

 

Visse in Sicilia fino al 1820 trasferendosi a Napoli alla vigilia della rivoluzione. Quando il padre divenne re (alla morte di Ferdinando I, nel 1825) assunse il titolo di duca di Calabria, che spettava al principe ereditario.

 

Fin da piccolo fu educato ad una religiosità sentita e a convinzioni morali ispirate ai principi cristiani.

 

Studiò storia sacra, latino, aritmetica e geometria, geografia, retorica, logica, storia della Francia e dei re delle due Sicilie, filosofia e giurisprudenza. Parlò correntemente varie lingue moderne, amò gli esercizi fisici, e si appassionò a tutti gli aspetti della vita militare.

 

Intelligente, dotato di memoria straordinaria e ambizioso, fu precocemente maturo; con decreto del 29 maggio 1827 fu nominato comandante generale dell’esercito di terra.

 

Appena diciassettenne, svolse personalmente una intensa attività per rendere efficienti le forze armate entrando anche in contrasto col ministro della Guerra, Vincenzo Ruffo, e fece parte del Consiglio di Stato, l’organo formato dai ministri e dai consiglieri senza portafogli in cui si decidevano le questioni più importanti. Dal settembre 1829 al luglio 1830 fu vicario del Regno ed ebbe modo di conoscere da vicino le condizioni del paese e di fare valutazioni sui provvedimenti più urgenti; nell’imminenza della morte del padre, avvenuta nel 1830, assunse i poteri reali in presenza dei diplomatici esteri.

 

Le economie furono il cardine della sua politica finanziaria per eliminare gradualmente il deficit formatosi tra il ’21 e il ’30 e un miglioramento delle finanze statali si registrò in seguito alla partenza dell’esercito austriaco. Questo attivismo si ripercuoteva sull’ordine pubblico, che andò progressivamente migliorando.

 

Meno pronti furono i provvedimenti per la Sicilia. I Siciliani lamentavano l’insufficiente attenzione del governo centrale ai problemi dell’isola.

 

Si sperava che Ferdinando provvedesse alle annose questioni con lo stesso dinamismo mostrato nel Mezzogiorno ma ne seguì una profonda delusione. Costante fu la sua attenzione per le forze armate. Condusse con fermezza la politica di pacificazione;nel 1830 concesse un indulto ai condannati politici anche se il ritorno degli esuli era, tuttavia, sottoposto a condizioni. Concesse piena libertà ai promotori della rivoluzione del ’20 e permise il ritorno ad un altro numeroso gruppo di esiliati per ragioni politiche. Furono riammessi in servizio molti tra gli ufficiali sospesi o rientrati.

 

Non pensava alla concessione di una costituzione, che, a suo avviso, avrebbe solo incoraggiato eccessi e disordini.

 

Sposò Maria Cristina di Savoia ed ebbe un figlio, Francesco. in occasione della nascita dell’erede, concesse il rimpatrio ad un altro gruppo di esiliati politici. Nell’estate ’37 avvenne a Siracusa e a Catania una grande rivolta e fu proclamata l’indipendenza della Sicilia da Napoli;ciò provocò molte condanne a morte.

 

Favorì l’iniziativa pubblica, e diresse personalmente tra il 1840 ed il 1843 la costruzione della ferrovia Napoli-Caserta ma nessuna linea ferroviaria fu costruita in Sicilia.

 

L’ondata rivoluzionaria che scosse l’Europa nel 1848 toccò anche il Regno delle Due Sicilie.

 

In quel frangente, Ferdinando, il 29 gennaio dello stesso anno, concesse una Costituzione del Regno delle due Sicilie.

 

Il programma costituzionale stabilì la partecipazione delle Due Sicilie alla guerra d’indipendenza per cui il 7 aprile fu dichiarata guerra all’Austria e per l’occasione si modificò la bandiera del Regno aggiungendovi il tricolore italiano.

 

Alla fine di marzo del 1849 si offrì, alla Sicilia, una Costituzione diversa rispetto a quella napoletana, con un parlamento separato. Ciò non bastò ai siciliani che, per bocca del loro capo Ruggiero Settimo, respinsero le proposte del re .Ne venne fuori una rivolta che ebbe il suo epicentro a Messina, che venne assediata dalle truppe borboniche e semidistrutta. La nuova Costituzione venne sospesa.

 

L’8 Dicembre 1856 subì un attentato,a Napoli,mentre seguiva la messa con tutta la famiglia;rimase turbato dall’evento e preoccupato che la ferita si infettasse. Quando, tre anni dopo, morì (il 22 Maggio 1859),alcuni ritennero che la morte fosse dovuta a setticemia,mentre secondo altre fonti, fu dovuta a una malattia dipendente dalla sua obesità.